L’incredibile leggerezza dell’impasto: 5 pizze di Franco Pepe

Non smette mai di stupire Franco Pepe. Pietra miliare della proposta gastronomica di Identità Golose Milano fin dai primi passi – trovate le sue proposte tutti i giorni a pranzo, insieme al menu à la carte con i piatti firmati da Andrea Ribaldone ed Edoardo Traverso – è sempre un ospite apprezzato all’hub di gastronomia internazionale di via Romagnosi, che diventa il suo punto di appoggio milanese per far scoprire al pubblico le sue novità.

Due serate da tutto esaurito a Identità Golose Milano

Due serate da tutto esaurito a Identità Golose Milano

E questa volta ci ha deliziato con 5 specialità mai proposte nella carta dell’hub. «Le mie pizze sono in continua rotazione e ho voluto portare alcune idee mai fatte assaggiare nel capoluogo lombardo, in modo che i golosi milanesi siano sempre “aggiornati” – spiega Franco Pepe -. Non posso pensare a un viaggio a Milano senza fermarmi qui: questa magnifica location è anche la mia casa. Ho sposato questo ambizioso progetto fin dall’inizio e sono contento che le mie pizze possano essere alla portate della clientela milanese, grazie alle mani e al team di cucina di Identità Golose Milano, che riproducono le proposte con la stessa identica qualità che offriamo a Caiazzo».

Claudio Ceroni e Franco Pepe

Claudio Ceroni e Franco Pepe

Quest’anno la riflessione è ancora più profonda visto che, a ottobre, scatteranno i festeggiamenti per i primi 10 anni di Pepe in Grani. «La mia parola chiave torna ad essere semplicità – sottolinea Pepe -. Non bisogna pensare la pizza come una estremizzazione di topping particolari, ma come matrimonio ben bilanciato tra impasto e condimento. Se cerchiamo l’effetto wow, perdiamo la meravigliosa essenza di questo cibo popolare. Io continuo a lavorare su pochi ingredienti, di qualità, come il pomodoro in più consistenze, la cipolla, le olive. Non ci sono voli pindarici ma un rispetto totale delle materie prime. Oggi la “pizza gourmet” è stata portata all’eccesso, con accostamenti stridenti e strani: non è questa la strada. L’insegnamento che ha dato l’alta cucina al mondo pizza è il lavoro sull’ingrediente e su come trattarlo al meglio. Ma il pizzaiolo deve restare ben saldo davanti al forno, non c’è bisogno di affidare la ricettazione ad uno chef: la creatività deve essere quella del pizzaiolo».

Il maestro Franco Pepe al lavoro

Il maestro Franco Pepe al lavoro

In questa fase, certamente più matura, Franco Pepe fa sua questa frase dello scrittore americano Bill Buford:«Nella vita normale la semplicità è sinonimo di “facile da fare”, ma quando un cuoco usa questa parola, significa “ci vuole una vita per imparare”».

Ed ecco le pizze di Franco Pepe mai assaggiate a Milano, proposte in occasione delle due cene all’hub di Identità Golose Milano in via Romagnosi.

Si comincia con lo stesso impasto della pizza ma…in versione fritta! «Ovunque vada mi chiedono sempre il fritto – spiega Pepe -. È quel comfort food a cui nessuno vuole rinunciare, così propongo sempre una alternanza equilibrata tra fritto e forno. La leggerezza di ogni boccone è il frutto di un lunghissimo lavoro sia sull’impasto, estremamente versatile, che sugli oli di cottura. Il passaggio nell’olio bollente è velocissimo, in modo che non venga assorbito». Il trancio di pizza fritta è condito con sugo di pomodoro, Parmigiano Reggiano 30 mesi, dal gusto intenso, e guarnito con chips di Pecorino, per giocare con le consistenze.

«La prima pizza che si chiama con un numero e la prima pizza inventata nel 2022, che simboleggia la mia idea di rinnovamento – continua Pepe -. Pochi ingredienti che creano un sapore unico. È il mio modo di dire: evviva la semplicità, evviva l’ingrediente italiano!». La base, soffice e fragrante allo stesso tempo, accoglie fior di latte, dressing Pepe (non provate a chiederli a Pepe…gli ingredienti sono segreti!), polvere di olive caiazzane, puntarelle saltate e l’immancabile filo di olio extravergine a crudo.

Una golosa pizza piegata in due, da mangiare rigorosamente con le mani. L’incontro è tra il fior di latte, la saporitissima salsiccia di suino casertano, il formaggio Silano, un tocco di origano e la freschezza della rucola per un tocco erbaceo e leggermente piccante. «Una creazione da tempo nel menu di Pepe in Grani, che non vedevo l’ora di far conoscere agli amici milanesi. Una di quelle pizze buonissime anche il giorno dopo, anche mangiata fredda».

Sapori intensi. «L’idea è nata durante una cena con tre amici: Mimmo de Il casolare, che produce Fabula, formaggio di bufala molle in crosta fiorita, il caro Armando De Nigris dell’aceto e il titolare di Fattorie Garofalo, specializzate in carne di bufalo. Li ho guardati e ho detto: ora vi metto tutti e tre su una pizza».

«Su ogni fetta c’è sia il bufalo che la bufala, come omaggio totale a una specialità del territorio “legati” dall’aceto balsamico di Modena per una visione sempre a 360 gradi sui prodotti italiani di qualità – sottolinea Pepe -. Per la parte croccante, impasto e cuocio un pane, panificato con l’impasto avanzato dal giorno prima in pizzeria, per evitare ogni spreco. Lo faccio tostare al forno e condisco le briciole con l’aceto, in modo che il sapore non sia diretto e invasivo, ma arrivi durante la masticazione». E, quindi, ecco la Mangiabufalo con crema di latte di bufala, fior di latte, pane croccante con aceto balsamico De Nigris, bresaola di bufalo, scarola riccia e noci.

Si inizia e si finisce col fritto, a dimostrare i mille volti dell’impasto di Franco Pepe. «Gli straccetti sono delizie che sanno di Sicilia e di Campania, di nonne e di domeniche in famiglia». I pezzetti di impasto sono arricchiti con zucchero e cannella, miele infuso con romasmarino e rosmarino tritato, bucce di arancia grattugiata al momento e gelato al fior di latte creato dal resident chef di Identità Golose Milano Edoardo Traverso e dal suo team. «Anche l’ultimo passo del mio percorso gastronomico è all’insegna della semplicità. Io sono un pizzaiolo e uso sempre il mio impasto, anche nel dessert, perché non voglio sostituirmi alla figura professionale del pasticciere. E’, ancora una volta, una forma di rispetto».