“Luxury Food” di Annalisa Cavaleri: il primo libro che racconta l’evoluzione del “lusso enogastronomico”

Non più eccesso e spreco, ma creatività, territorio, firma d’autore, sostenibilità, tradizioni, etica e antispreco. Quattro le prefazioni a tre stelle Michelin: Massimo Bottura dell’Osteria Francescana, Rossella Cerea, del ristorante Da Vittorio, Norbert Niederkofler del ristorante Atelier Moessmer e Niko Romito del ristorante Reale.

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Non più astice, caviale, tartufo, foie gras, ingredienti rari, costosi, esotici o preziosi in ogni giorno dell’anno. Oggi il lusso a tavola è tutt’altro e fa rima con nuove parole chiave: attenzione al territorio, sostenibilità, creatività, identità, valorizzazione della tradizione, antispreco, plant based, experience, rispetto del lavoro e del pianeta.

Oggi, questo percorso è stato “istituzionalizzato” in un libro dedicato sia agli esperti del settore food&wine che agli appassionati di alta cucina. 

Luxury food. Le parole chiave per strategie vincenti nell’enogastronomia di lusso“di Annalisa Cavaleri, giornalista professionista e docente universitario, fa il punto sull’enogastronomia di alto livello, sottolineando il cambio epocale che ha portato il lusso a identificarsi prima col concetto di eccesso, poi con quello di sostenibilità.

Il volume, edito da FrancoAngeli, è il primo a livello internazionale che applica le strategie del lusso mutuate dalla moda, dall’alta gioielleria e dall’automotive al settore food&wine.

Luxury food” affronta a viso aperto i cambiamenti epocali del mondo del cibo e del suo business, delineando come si è modificato, nel tempo, il concetto di “cibo di lusso”, dal passato a oggi. Il viaggio inizia agli albori della storia dell’umanità, quando accumulare grandi quantità di cibo era l’elemento necessario per la conquista del potere, per arrivare ai nuovi trend dell’alta ristorazione.

«C’è chi pensa, ancora, che mettere nel piatto aragosta, tartufo, caviale o altri ingredienti costosi, in ogni giorno dell’anno e a qualsiasi latitudine, sia sinonimo di pregio ed esclusività, ma lusso e ostentazione sono due cose molto diverse – spiega Annalisa Cavaleri, giornalista professionista, docente universitario e autore di “Luxury Food“-. Sostenibilità, antispreco, attenzione al territorio, valorizzazione del proprio heritage, creatività, identità, unicità ed experience sono concetti assodati per gli esperti del settore e per gli chef, ma mi sono resa conto che tutti gli altri avevano un po’ di confusione in testa. In frasi come “Ieri ho mangiato un’intera scatola di caviale”, “al ristorante mi hanno grattugiato mezzo tartufo sui tagliolini”, “ho ordinato un plateau di ostriche e crudi di pesce” si annida la stessa filosofia dei nostri antenati: cibo abbondante, raro e costoso come dimostrazione di status e potere. In passato, infatti, i ricchi dimostravano la propria potenza organizzando grandi banchetti a base di carni succulente e ingredienti esotici, che solo in pochi potevano permettersi, come avveniva alle feste che si tenevano alla corte del Re Sole. Ma oggi pensare di dimostrare il proprio status con l’eccesso e lo spreco di cibo sarebbe come vestirsi di pelliccia pensando di essere eleganti».

«Bisogna allontanarsi dalla falsa credenza che il lusso siano aragoste, caviale d’allevamento o frutta esotica in ogni mese dell’anno. È vero il contrario: i nuovi cult del millennio sono piatti come la “Foglia di broccolo e anice”di Niko Romito, 3 stelle Micheli, creato a partire da un elemento di scarto, è o la  la “Cipolla Caramellata con salsa al Grana Padano” di Davide Oldani, che parte da una semplice cipolla coltivata localmente per raccontare una nuova storia di gusto, sostenibilità, bellezza, equità e rispetto del territorio».

Come nasce “Luxury Food”, il primo libro che racconta il “vero” lusso enogastronomico

«Come giornalista e critico gastronomico mi sono accorta che si stava creando un gap tra i giovani e il mondo “reale” e professionale del food&wine – racconta Cavaleri-. C’era qualcosa che non andava. Anche per gli studenti, il “cibo di lusso” veniva percepito come un pasto costoso, a base di ingredienti “strani” ed esotici, magari spediti dall’altra parte del mondo.  Pe capirci, la pizza con sopra il Pata Negra, la bistecca avvolta nella foglia d’oro o il sushi con sopra il caviale.  Oggi durante il mio corso “Comunicazione e Marketing dei Luxury Food“, attivato presso l’Università IULM di Milano, invece, formo centinaia di ragazzi a “riconoscere” il vero lusso enogastronomico, che non va confuso con prezzo alto, eccesso, spreco e ostentazione, ma che si ispira ai temi della sostenibilità, dell’etica e dell’amore per le tradizioni e il territorio. I

Racconto le grandi storie di chef – italiani e non – che sono riusciti a trasformare il proprio nome in un brand, esattamente come è avvenuto per gli stilisti nell’alta moda. Gli studenti sono entusiasti di scoprire questi concetti e molti di loro, dopo il corso, mi dicono che hanno intenzione di lavorare nel settore food&wine. Resto in contatto con i miei studenti per anni e il loro successo sul lavoro per me è la più grande fonte di gioia e di soddisfazione».

A chi si rivolge “Luxury food”

Il libro “Luxury Food” si presenta oggi come testo chiave per professionisti del settore che vogliono aumentare i propri skills di marketing e comunicazione. Il libro è anche un viaggio per gli appassionati e i foodlovers che vogliono conoscere meglio la storia dell’enogastronomia e gli sviluppi più recenti. Il testo è ricco di case study ed esempi pratici, pensati perché il lettore possa cogliere con maggiore immediatezza e semplicità i concetti esposti. Alla fine di ogni parola chiave, i “key takeaway” riassumono per punti i concetti basilari del testo. E, visto che l’interesse dei giovani per il settore dell’alta ristorazione e dell’hôtellerie è sempre più forte, il testo è anche manuale universitario dell’innovativo corso “Comunicazione e Marketing dei Luxury Food“, attivato presso l’Università IULM di Milano.

«Comunico spesso sui social i contenuti delle mie lezioni universitarie e ho sempre ricevuto messaggi da chef-imprenditori, sommelier, maître, direttori di hotel e altri professionisti del settore interessati a queste tematiche, ma che non avevano né la possibilità di iscriversi all’università, né il tempo per farlo – racconta Cavaleri -. Con il libro “Luxury food” ho voluto dare loro la possibilità di accedere in modo semplice e immediato ai contenuti delle mie lezioni universitarie, tenendo semplicemente il libro sul comodino o al ristorante».

«Sto ricevendo molti messaggi di professionisti che mi ringraziano perché ritengono utile la lettura: questa è davvero la mia più grande soddisfazione. La ristorazione, l’hôtellerie e il mondo del food&wine in generale sono settori che richiedono grande sacrificio e molta competenza, soprattutto ad alti livelli – dice Cavaleri -. La mia speranza è quella di aver dato il mio contributo alla crescita di questo settore meraviglioso e vitale, pieno di grandi professionisti, così importante per l’economia del nostro Paese, a cui i giovani guardano con sempre maggiore fiducia per trovare un futuro lavorativo».

La strategia per la creazione del brand nell’alta ristorazione

«Il lusso è un business importante e in continua crescita, che non soffre cicli storici, né momenti di crisi. Ma, se il mondo della moda, della gioielleria, delle auto e dell’orologeria hanno sviluppato una vera e propria strategia del lusso, il mondo del food è in grande ritardo – spiega Annalisa Cavaleri -. L’Italia delle trattorie e delle piccole aziende a conduzione familiare si è evoluta velocemente e in modo disarticolato, fino a raggiungere le vette dell’alta cucina e dei prodotti esclusivi, ma senza riuscire a trovare un percorso solido capace di far evolvere l’attività in un brand internazionale del lusso. Oggi si stanno affermando chef star – come Alain Ducasse in Francia, Massimo Bottura, i fratelli Cerea o Niko Romito in Italia che sono riusciti a creare imperi “stratificati”, capaci di dialogare sia con la grande distribuzione che con la clientela altospendente a livello mondiale, ma sono ancora casi sporadici e limitati. Il lusso, infatti, resta l’obiettivo di molti, ma per raggiungerlo il percorso è ancora accidentato, fumoso e pieno di punti di domanda. Ecco perché, per arrivare a “essere lusso”, serve un cambio di paradigma: bisogna smettere di agire con azioni che abbiano effetto solo nel breve periodo, per iniziare a ragionare come veri e propri brand del lusso, capaci di creare un universo valoriale insostituibile per il cliente. Bisogna avere ben chiaro in mente che il mercato dell’eccellenza vive di regole e strategie specifiche, che non possono essere improvvisate e che non hanno nulla a che fare col mercato mass market. L’obiettivo di questo libro è proprio quello di prendere per mano il lettore e portarlo, passo dopo passo, alla scoperta delle nuove linee guida del settore food&wine per creare un brand con un universo valoriale insostituibile per il cliente».

Il lusso non è più ciò che pensiamo: un nuovo termine “Luxury food”

«Una delle mie priorità era ridefinire il concetto di “lusso” – dice Cavaleri -. Mi sono accorta che il termine veniva usato in modo impreciso, confuso, a volte addirittura in modo spregiativo, come se “essere lusso” fosse qualcosa di negativo, perché collegato a ostentazione e spreco. Non è così, il vero lusso, come spiego nel libro, si basa oggi su nuove parole chiave che lo riempiono di significati positivi. Senza negare, però, che il “lusso rilassato” o il “lusso democratico” non esistono: il lusso resta un marcatore sociale. “Il lusso per tutti” non esiste perché ci cerca il lusso vuole far parte di un club sempre più esclusivo e sempre più ristretto. Il lusso vive e vivrà di rarità, eccellenza ed esclusività».

Quali sono le nuove parole chiave per identificare i “Luxury food”

Il libro “Luxury food” identifica con chiarezza le nuove parole chiave del lusso enogastronomico:

  • identità, unicità e creatività: il luxury food, come l’alta moda e l’arte, ha un creatore, spesso in carne e ossa, che plasma un universo che non ha eguali, insostituibile, che trae costantemente energia dalla sua personalità forte e unica;
  • territorio: il luxury food non è un semplice cibo, ma è espressione di una cultura e, quindi, si radica in un territorio specifico;
  • storia, tradizione e mito: siamo davanti a un mondo affascinante, ricco di storytelling, dove la realtà si intreccia con la fiaba, con difficoltà e osta- coli superati per ottenere il successo. Storie di singoli, dinastie o famiglie che creano imperi stabili, capaci di tramandare il proprio know-how e tracciare nuove strade del gusto;
  • sostenibilità, etica e plant based: in un mondo che cambia, il luxury food non è mai spreco o eccesso, ma rispetto del pianeta, dell’uomo e del suo lavoro. Per motivi etici e ambientali, il luxury food predilige l’elemento vegetale e, anche quando la carne resta nel piatto, la sceglie con consapevolezza;
  • l’arte delle collaborazioni: il luxury food non è mai chiuso su sé stesso, ma dialoga con le altre arti – pittura, scultura, musica, teatro, cinema, danza ecc. – per elevarsi e diventare anch’esso una forma d’arte intellettuale;
  • experience: il cibo è esperienza polisensoriale. Il luxury food vive di emozioni che creano una memoria solida, trasformando un elemento de- stinato a dissolversi, come il cibo, in un ricordo duraturo;
  • il fascino dell’altrove: l’evoluzione porta ad arricchire la società di nuove identità. Le “cucine dal mondo” sono un trend affascinante che attrae una clientela colta, che ama viaggiare e considera la tavola un modo per conoscere meglio culture diverse dalla propria.

Secondo Cavaleri, l’applicazione di queste parole chiave indicheranno la via per ottenere un luxury food, cioè un’esperienza totale e immersiva. Non tutte le parole chiave dovranno essere presenti contemporaneamente: per esempio, uno chef che si concentra sul proprio territorio non è necessario che sia “affascinato dall’altrove” o debba attivare collaborazioni artistiche, ma più concetti saranno applicati al brand e più ci si potrà avvicinare a essere “luxury food”.

Dal passato ai nuovi scenari. Parola chiave: sostenibilità

«Nell’antichità il lusso era abbuffarsi di cibo: banchetti con carni grasse e succulente, frutta esotica da Paesi lontani, bevande voluttuarie come il caffè e la cioccolata calda, delizie che in pochi potevano permettersi quando la maggior parte delle persone moriva di fame – sottolinea Cavaleri -. Alimentarsi molto, il più possibile, soprattutto di proteine – “essere in carne”, come appunto si usava dire – era un veicolo di differenziazione sociale. In passato, avere cibo in abbondanza era uno tra i primi indicatori di status, salute, benessere e ricchezza. Oggi non è più così».

«Tra i cambiamenti epocali del mondo del cibo c’è, infatti, la fine della ricerca dell’eccesso – continua Cavaleri -. Non ci sono più grandi quantità di cibo a definire il nostro status sociale, anzi, il percorso è opposto. Le élite culturali e gli opinion leader mangiano poco e, quasi sempre, prediligono un’alimentazione vegetale. Ma cosa ha portato a questa “astrazione quantitativa” a favore di “un’elevazione qualitativa”? Sicuramente uno dei temi cruciali del nostro tempo: la sostenibilità. Lungi dal “mangiare a tutti i costi” e il “più possibile” per necessità, abbuffandosi e facendo scorte abbondanti per paura dei periodi di carestia, l’essere umano contemporaneo si è reso conto che l’impatto della sua produzione di cibo sul pianeta è diventato insostenibile. Non a caso, uno dei riconoscimenti più ambiti dell’alta ristorazione mondiale è proprio la Stella verde che la famosa Guida Michelin assegna ai ristoranti che fanno della sostenibilità il cuore del proprio progetto di business. Si tratta di attività imprenditoriali all’avanguardia, che scelgono, ad esempio, ingredienti di stagione e del territorio per azzerare il trasporto con mezzi a combustibili fossili, che lavorano per evitare sprechi e l’utilizzo della plastica. L’obiettivo è quello di diminuire l’impatto ambientale, per regalare un futuro migliore a chi verrà dopo di noi».

«Tra gli esempi italiani che hanno fatto la storia c’è Niko Romito che applica tecnica e creatività a una semplice foglia di broccolo, rendendola un’opera d’arte. La fotografia della sua Foglia di broccolo e anice è diventata l’icona del suo menu 100% vegetale e ha fatto il giro del mondo, conquistando le pagine dei più importanti giornali internazionali. A dimostrazione di come plant based, global e local possano unirsi, lo chef pluristellato Alain Ducasse ha creato il piatto icona vegano “Cookpot”. Si tratta di sette verdure di stagione cotte a fuoco lento in una pentola speciale, che lo chef ha fatto realizzare appositamente. La ricetta può essere adattata a qualsiasi parte del mondo, scegliendo verdure locali».

«Un caso internazionale di luxury food plant based è anche Daniel Humm, chef del ristorante di Manhattan Eleven Madison Park: si tratta del primo vegano tristellato al mondo. Diventato famoso per la sua anatra arrosto e il maialino da latte frollato al miele e lavanda, Daniel Humm dal 2021 ha fatto un decisivo cambio di rotta dichiarando che l’attuale sistema alimentare era semplicemente non sostenibile. In un’intervista rilasciata al Time lo chef di origini svizzere ha lanciato un messaggio chiaro: troppo semplice comprare una bistecca di Kobe o una scatola di caviale d’allevamento. Non sono più prelibatezze, ma luoghi comuni. Ciò che è difficile replicare è il tempo, l’abilità e la conoscenza necessari per portare una barbabietola al massimo livello. “È ora di ripensare il lusso – ha detto lo chef Humm parlando al giornalista Aryn Baker del Time –. Non è il costo degli ingredienti che qualcuno usa, è il pensiero umano, il lavoro manuale, le esperienze che puoi vivere solo in pochi posti al mondo a rendere un piatto di lusso. Oggi nel suo ristorante le verdure sono luxury food e non certo foie gras, manzo di Kobe, caviale o aragosta. E non possiamo che essere d’accordo con lui».

L’attenzione al benessere

«Un cambio di visione rispetto al passato si vede anche nell’attenzione al benessere – sottolinea Cavaleri -. Se, un tempo, chi era più ricco faceva il possibile per mangiare una maggior quantità di carne e di proteine animali, oggi l’alimentazione delle classi sociali più evolute guarda al vegetale come scelta primaria, per il bene sia dell’essere umano che del pianeta. E, anche se bisogna riconoscere che il “100% vegan” sembra essere ancora una chimera, le scelte diventano comunque più consapevoli anche quando si mangia carne: allevamenti che rispettano l’animale durante la sua vita, diminuzione del consumo, piatti gourmet che invertono le proporzioni, facendo diventare il vegetale da semplice contorno a protagonista del piatto. Non solo rispetto per gli equilibri del pianeta, quindi, ma anche l’idea che il cibo di lusso debba produrre salute, regalarci gioia e più tempo da vivere su questa terra».

«Oggi in ambito enogastronomico il vero lusso è intriso di consapevolezza etica, senza dissonanze rispetto al percorso già intrapreso dal mondo della moda – spiega l’autore -. Un abito di marca non può essere considerato di lusso se prodotto senza rispettare i diritti dei lavoratori, perché il lusso deve creare un sistema sinergico di benessere attorno a sé. Nel cibo bisogna chiedersi: come è stato coltivato quel prodotto? Come è arrivato fino a noi? Quali politiche del lavoro sono state utilizzate e che trattamento hanno avuto i lavoratori? Come sono stati accuditi gli animali? Hanno avuto una vita libera o sono stati stipati in gabbie anguste? La risposta dirà se siamo di fronte a un vero lusso o a un simulacro che ha del marcio dietro la facciata. Gli chef diventano, così, i primi ambasciatori di questa nuova filosofia di rispetto, che parte dal campo per arrivare alla tavola: si affidano a piccoli produttori, stringono con loro legami personali, comprendendo che sono i coltivatori, gli allevatori e i pescatori le prime sentinelle del territorio e i veri garanti dell’eccellenza della materia prima. Tra i punti chiave del lusso contemporaneo, c’è anche una forte componente identitaria e territoriale».

Lusso vuol dire prezzo alto? No, è un falso mito.

«Un altro falso mito è che lusso e prezzo siano sovrapponibili e che alzare il prezzo basti per elevarsi: non è così – dice Cavaleri -. Certo, il lusso è costoso, ma non basta un prezzo alto per essere lusso, altrimenti sarebbe sufficiente mettere ingredienti rari e costosi nel piatto, vendendolo a cifre esorbitanti, per ottenere un luxury food: questa è ostentazione, che è cosa ben diversa dal lusso. Il tartufo a pioggia o il caviale a cucchiaiate fanno, invece, lo stesso effetto di un brand impresso a caratteri cubitali su una maglietta: non dicono che abbiamo gusto per il lusso, ma solo che abbiamo speso tanto (e questo non è l’obiettivo del lusso). Le aragoste ostentate a Porto Cervo su uno yacht ormeggiato non sono luxury food, sono solo dimostrazione “muscolare” che si ha il portafoglio pieno e nulla più. L’ostentazione è arroganza, il lusso è eleganza».

«Per capire in modo immediato quanto il discorso sul prezzo sia lontano dalla strategia del lusso, facciamo un esempio pratico. Vi sarà capitato di affacciarvi alla vetrina di una gioielleria: i prezzi sono difficili da trovare, sono scritti in piccolo, sono elencati in lunghe liste e, quindi, è difficile attribuirli ai singoli oggetti esposti. La strategia del lusso è fare in modo che il cliente abbia il minor contatto possibile con il prezzo: glielo mostrerà solo alla fine, a vendita avvenuta, dopo un percorso di comunicazione, dialogo e conoscenza. Lo scambio denaro-prodotto-scontrino sarà solo il punto finale di un rapporto iniziato molto prima e veicolato da un attento storytelling».

«Inoltre, da notare che, se si gioca il lusso solo sulla leva del prezzo, la possibilità di perdere il cliente è dietro l’angolo: un prodotto costoso può diventare, a un certo punto, troppo costoso, ed essere abbandonato per un altro. Il prodotto di lusso, invece, crea un sogno che alimenta continuamente il desiderio e non ha nulla a che fare col portafoglio. Il denaro, infatti, è monodimensionale, uno strumento per quantificare la realtà in modo univoco: il lusso è multidimensionale, polisensoriale e caratterizzato da ricchezza semantica. Fare un regalo in denaro significa più “liberarsi di un fardello” che voler approfondire la conoscenza di una persona, gratificandola attraverso un dono “pensato” che la possa davvero soddisfare. E il lusso a tavola è quanto di più vicino al concetto di “prendersi cura” che si possa immaginare, tanto è vero che nessuno saprebbe dare un prezzo alla cena cucinata con amore dalla mamma, dalla nonna o da una persona di famiglia. I luxury food sono più vicini a questa sensazione che alla definizione di un conto finale».

«Il lusso si allontana dal discorso sul prezzo perché vive di qualità, non di quantità: una collana non diventa più elegante perché si aumentano il numero o la grandezza delle gemme, così un piatto non diventa di “alta cucina” perché si eccede nella quantità di ingredienti costosi. Anzi, i luxury food riescono a invertire il rapporto tra un ingrediente e il suo prezzo: anche una materia prima considerata nel pensiero comune “povera” potrà diventare un luxury food, grazie alla creatività dello chef. I nuovi piatti “di lusso” sono, per esempio, la “Foglia di broccolo e anice” di Niko Romito, che prende un ingrediente poverissimo, come una foglia di broccolo, che di solito viene gettata via, un piatto da tre stelle Michelin. Oppure la “Cipolla Caramellata” di Davide Oldani, che rende una semplice cipolla un piatto iconico. Da questi esempi si comprende bene come il vero lusso “scardini” il rapporto col prezzo: non è il costo di un ingrediente o di un menu che rende il cibo di lusso, ma la creatività dello chef, la sua ricerca, il suo lavoro sul territorio e sulle tradizioni, la sua capacità di trasformare una materia prima semplice in un qualcosa di eccezionale».

Le prefazioni dei 3 stelle Michelin: Bottura, Cerea, Niederkofler e Romito

Il libro è impreziosito da quattro contenuti inediti dei grandi protagonisti dei “luxury food” italiani. Si comincia – rigorosamente in ordine alfabetico – con la riflessione Il lusso è creatività” di Massimo Bottura, si continua con “Il lusso è accoglienza” di Rossella Cerea, “Il lusso è sostenibilità” di Norbert Niederkofler e, infine, “Il lusso è essenzialità” di Niko Romito.

«Ogni libro è frutto di un lungo percorso che unisce contributi e suggestioni sia professionali che umani – sottolinea Cavaleri -. Il mio sentito ringraziamento va a coloro che hanno voluto contribuire con la loro riflessione a questo testo: Massimo Bottura, che mi è di ispirazione per la passione viva e la sua creatività totale, Rossella Cerea, per l’arte dell’accoglienza e la capacità di far sentire sempre gli altri a proprio agio, illuminando ogni stanza in cui entra, Norbert Niederkofler per la sensibilità con cui sa valorizzare tesori nascosti e Niko Romito, per la riflessività e la sua elegante filosofia dell’essenzialità”.

«La nostra cucina parte dalla qualità degli ingredienti per arrivare alla qualità delle idee: non cuciniamo soltanto piatti, ma diamo forma a un messaggio, ci ispiriamo a un’estetica della cultura che ha come focus imprescindibile le scelte sociali. Il vero creativo, infatti, vede la poesia soprattutto nell’impegno sociale – dice Massimo Bottura, chef patron del ristorante Osteria Francescana, tre stelle Michelin e Stella Verde Michelin -. Creatività, territorio, unicità, tradizione in evoluzione, qualità delle idee, visione originale, cultura, conoscenza, rispetto dell’uomo e del pianeta sono valori imprescindibili in cui io e il mio team crediamo da sempre  Questo libro di Annalisa Cavaleri – “Luxury Food” – che vi invito a sfogliare con spirito curioso, prende per mano il lettore verso un nuovo punto di vista che, sempre più nei prossimi anni, dovrà diventare il nuovo paradigma dell’alta cucina mondiale, ispirando le future generazioni di cuochi e comunicatori. Il lusso contemporaneo ha cambiato volto ed è intriso di valori etici e morali, anche nel settore food&wine: bisogna prenderne atto per costruire il nostro futuro».

«Il lusso vive di umanità e di calore, perché la cena non è solo un carosello di ottimi piatti, ma una concatenazione di momenti indimenticabili, che deve scorrere in modo “naturale” e senza forzature – dice Rossella Cerea, owner&general manager del ristorante Da Vittorio, tre stelle Michelin-. Ci vuole non solo preparazione tecnica, ma anche sensibilità e tatto. A noi questi valori sono stati insegnati da papà Vittorio e mamma Bruna, autentici pionieri dentro e fuori dalla cucina. Con piatti come i mitici “Paccheri alla Vittorio”, nostro padre ha rivoluzionato il concetto stesso di esperienza gastronomica. Vittorio aveva capito, già negli anni Sessanta, che l’experience era vitale per trasformare il pasto in un momento immersivo in cui il cliente non fosse solo “assaggiatore” di piatti, ma protagonista di un attimo indimenticabile di gioia e convivialità. Si parla della ristorazione come un settore maschile, soprattutto nella nicchia del lusso, ma donne come mia madre sono la prova che si può avere successo e guidare centinaia di dipendenti con gentilezza e garbo. Io, da donna manager, cerco di fare altrettanto. Come famiglia, guardiamo al futuro, con i piedi ben piantati a terra e con il sorriso, perché, secondo noi, non può esserci lusso senza radici e senza una storia che riempia di significato l’esperienza a tavola: coccolare e rendere felici i clienti resta l’obiettivo che riempie di senso il nostro lavoro. Penso che questo bellissimo libro di Annalisa Cavaleri – Luxury Food – rappresenti bene la nostra storia e il nostro percorso imprenditoriale, oltre a raccontare al meglio le parole chiave del lusso a tavola: sono riflessioni accademiche profonde come queste che permettono l’evoluzione del nostro settore, che ha bisogno di stimoli per rinnovarsi e raggiungere livelli sempre più alti».

«Qualcuno pensa, ancora, che il lusso sia una questione di soldi, ma per me non è così. Oggi il vero lusso è acquistare dal contadino, che mette ancora le mani nella terra, una terra sana, viva e vitale, perché non ha conosciuto pesticidi né chimica – spiega Norbert Niederkofler, chef patron del ristorante Atelier Moessmer- Norbert Niederkofler, tre stelle Michelin e Stella Verde Michelin-. Oggi il vero lusso fa rima con “food security”: sempre di più dovremo sapere da dove arriva il cibo che mettiamo nel piatto, perché da lì dipende la nostra salute. Creatività, salute, sicurezza, rispetto del lavoro e dei dipendenti, sguardo al futuro e voglia di cambiare il sistema per amore dei nostri figli. Sono concetti che Annalisa Cavaleri spiega bene in questo libro Luxury Food, che mi auguro sia di ispirazione non solo per i professionisti del settore, ma soprattutto per i giovani e per tutti coloro che hanno a cuore il lato etico del settore enogastronomico.»

«Nel libro “Luxury food” l’autrice sceglie termini che per me sono imprescindibili, fin dalle origini: identità, creatività – tra artigianato e arte – territorio, tradizione e sostenibilità, in tutte le sue accezioni – dice Niko Romito, chef patron del ristorante Reale, tre stelle Michelin-.  Oggi, infatti, è che lusso nella ristorazione non significa più ingredienti rari, costosi o esotici, preparazioni opulente o effetti speciali. Ritengo che il compito del cuoco sia, in controtendenza rispetto ai “luoghi comuni” del passato, quello di trasformare ingredienti considerati semplici in qualcosa di nuovo, rendere l’ordinario straordinario. Il lavoro che ho portato avanti sul vegetale ne è la dimostrazione: nel 2022, dopo essermi reso conto di quanto l’elemento vegetale fosse preponderante nella mia cucina e di quanto fosse per me lo stimolo maggiore, ho deciso di dedicare il menu degustazione del ristorante Reale interamente al vegetale e alle sue magnifiche espressioni. La mia non è stata una scelta dettata da una tendenza, ma dalla volontà di comunicare un messaggio forte. Il piatto “Foglia di broccolo e anice”, costruito a partire da un elemento di scarto, è diventato spontaneamente il simbolo di questo lavoro. Che si voglia fare cucina o la si voglia raccontare da professionisti della comunicazione, penso che i concetti spiegati da Annalisa Cavaleri in questo libro, Luxury Food, aiuteranno il lettore a riflettere, non solo per andare a fondo nel significato del termine “lusso”, ma anche per mettere luce su un’alta cucina consapevole, etica e pronta ad affrontare le sfide di domani».

Una costante: il cibo come forma di aggregazione umana

«Tra i tanti cambiamenti in ambito food, un aspetto, però, è rimasto invariato: il cibo non ha mai perso, nel corso dei millenni, la sua funzione di aggregazione e mangiare insieme si conferma, ancora oggi, uno dei più importanti momenti di condivisione umana. Anticamente, i nostri antenati sono diventati comunità “attorno a un fuoco”: ci si spartiva l’animale cacciato, le parti più pregiate venivano date ai capi e ai membri più anziani della tribù, alcune di esse erano bruciate perché i loro fumi potessero sfamare gli dei. E, ancora, davanti al fuoco si raccontavano storie ed esperienze, che permettevano ai più giovani di integrarsi nel gruppo e di imparare dagli anziani le pratiche sociali utili a cementare la vita comunitaria».

«Oggi non c’è più “un fuoco in mezzo al villaggio”, come direbbero gli antropologi, e si mangia sempre più spesso fuori casa, ma la tavola resta un fondamentale “collante sociale”. E, anche quando si parla di lusso, il piacere di stare insieme deve essere il punto finale dell’esperienza. Personalmente, non mi stancherò mai di ripetere che l’ostentazione e il lusso sono due concetti molto diversi: il primo vuole provocare invidia nell’altro, il secondo vive di etica ed equilibrio, regala gioia e riempie la vita, a sé e agli altri. In controtendenza rispetto al passato, quindi, il vero lusso rifugge l’eccesso e tende a creare armonia, emozione, bellezza e piacere. Anzi non chiamiamolo più “cibo di lusso” ma, appunto, con il nuovo termine che comprende i valori etici di cui abbiamo parlato: “luxury food”».

Come comunicare i luxury food: le linee guida

«Nel libro traccio anche le linee guida utili a chef-imprenditori e professionisti per la comunicazione del lusso food&wine – conclude Cavaleri -. La comunicazione dei luxury food non deve avere un approccio aggressivo, ma alimentare costantemente il sogno dei clienti del futuro. La vendita non è diretta né immediata e, spesso, per essere completata, va coltivata nel tempo. Il lusso alimenta desideri e speranze, instilla la voglia di elevarsi nel- la piramide sociale. È una ricompensa e dimostra che “ce l’abbiamo fatta”. Ci sono brand di gioielli, alta orologeria e auto che hanno un numero di pezzi così limitato che, a inizio anno, sono già sold out. Eppure, continuano a comunicare e noi continuiamo a vedere prodotti di lusso protagonisti di pubblicità, eventi e sponsorizzazioni. Perché? Perché il lusso parla anche al giovane di belle speranze che, quando otterrà il successo, lo sancirà acquistando quell’oggetto prezioso. Lo stesso vale per i luxury food: se questo settore vuole avere un futuro, non può pensare di puntare soltanto su un target altospendente di coppie o professionisti adulti, affermati sul lavoro, ma deve coltivare le fantasie di chi ancora sta costruendo la propria identità. Di coloro che, al primo anniversario o alla prima occasione importante, assaggeranno la piacevolezza di una cena stellata o compreranno una bottiglia pregiata e che, dopo quel piacere, non potranno più tornare indietro. Non dimentichiamolo mai: i luxury food non devono vendere oggi, ma creare i presupposti per l’acquisto futuro, attraverso l’alimentazione costante del sogno. E la comunicazione resta la via primaria per garantire questo obiettivo».

Il racconto continua su luxury food.org

Per continuare a riflettere sulle dinamiche del lusso enogastronomico, Annalisa Cavaleri ha inaugurato il suo portale web dedicato al lusso:luxuryfood.org

«Non volevo che il libro fosse la “fine”, ma l’inizio di un percorso per narrare il lusso enogastronomico in modo nuovo e professionale: sul sito web luxuryfood.org racconterò le mie esperienze, analizzandole e ricollegandole costantemente alle nuove parole chiave di marketing e comunicazione che spiego nel libro. Il cambio di paradigma va veicolato giorno per giorno in modo che il lusso sia sempre più collegato a etica, creatività, sostenibilità, antispreco e ricerca del benessere e della bellezza».

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Biografia

Annalisa Cavaleri è laureata in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Brescia con lode e in Relazioni Pubbliche e Pubblicità all’Università IULM di Milano. Da anni lavora come giornalista professionista e critico gastronomico per alcune delle più importanti testate del settore.

È professore a contratto per i corsi ufficiali “Comunicazione e marketing dei Luxury Food” e “Antropologia del Cibo” all’Università Iulm di Milano. Inoltre tiene lezioni nell’ambito del corso di laurea magistrale “Food marketing e strategie commerciali” dell’Università Cattolica e in vari master universitari, tra cui quello in “Tourism, Strategy&Management” dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Da anni studia il valore simbolico del cibo nelle religioni, l’alta cucina, l’hôtellerie di lusso e il rapporto tra cibo, alta moda e arte.

Dove trovare Luxury food

Il libro può essere ordinato in qualsiasi libreria e si trova su tutte le principali piattaforme. 

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Info utili

Titolo: “Luxury food. Le parole chiave per strategie vincenti nell’enogastronomia di lusso”

Autore: Annalisa Cavaleri

Editore: FrancoAngeli

Pagine: 264

ISBN: 9788835159773

Edizione: 1a edizione 2024

Codice editore: 244.71

Contributi: Massimo Bottura, Rossella Cerea, Norbert Niederkofler, Niko Romito

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