Paolo Griffa: «Il futuro della pasticceria è la creazione dello stupore»

Abbiamo già visto tutto. Mangiamo bene da tutte le parti. Detto con sincerità: siamo annoiati. Ecco perché, quando incontriamo qualcosa che ci fa spalancare gli occhi e la bocca per lo stupore, apprezziamo quella sensazione ela teniamo in noi come qualcosa di unico e prezioso.

I bambini lo sanno bene, loro vivono in un mondo pieno di stimoli nuovi, dove tutto è magico. Ritrovare quell’innocenza e quella sana voglia di curiosità ci fa ringiovanire, ci fa sentire di nuovo vivi. E questo è, e deve essere, uno dei nuovi “compiti” del cuoco e del pasticciere che guarda al futuro e riesce a far evolvere il mondo della gastronomia.

L’avanguardia, quindi, non sta solo in macchinari tecnologici (anche se sono utilissimi) o in ingredienti nuovi e sconosciuti, ma in un inedito approccio – giovane, giocoso, coinvolgente, divertente – che permetta al cliente di sentirsi nel vivo dell’azione. E di fare wow. Soprattutto quando si parla di dolci.

Ne è convito Paolo Griffa, che, insieme alla compagna Titti Traina, guida il Petit Royal, ristorante stellato all’interno del Grand Hotel Royal & Golf.

Ma c’è anche un altro aspetto: non è facile essere creatori di novità, bisogna avere già dentro di sé una propensione a guardare la vita fuori dagli schemi. A chiedersi i “perché” giusti.

Paolo Griffa e lo "sparabolle"- La componente ludica è essenziale in molti dei suoi dessert. Foto: AC

Paolo Griffa e lo “sparabolle”- La componente ludica è essenziale in molti dei suoi dessert. Foto: AC

«Siamo inondati di immagini, viviamo costantemente sui social, pensiamo di aver già visto tutto – spiega Griffa -. Ecco perché creare stupore è così difficile ma anche così speciale. Così indimenticabile. Ad esempio quando portiamo in tavola il dolce Pignatta, l’ospite vede arrivare sul tavolo un cavallino di cioccolato. Lo rompe e da lì escono coriandoli commestibili. Tutti colorati. Ma, ad un certo punto, si accorge che, in realtà, da mangiare non c’è molto. Si rattrista, e inizia a guardare gli altri commensali che, magari, stanno affondando il cucchiaio in un dolce più completo. Ed è lì che arriva la vera sorpresa: dopo lo sconforto, viene portata al tavolo una caramella in zucchero soffiato con spuma alla nocciola, gelato al caffè bianco, biscotto alla nocciola e pralinato. A quel punto, il sorriso esplode di nuovo sul volto del cliente, è di nuovo felice. Proprio come un bambino. È questo continuo saliscendi tra pause, sconvolgimenti e soprese che crea un’emozione che non si lascerà scordare».

Titti Traina - Foto:Vat

Titti Traina – Foto:Vat

Infatti, quanti dolci mangiamo che dopo pochi giorni non ci ricordiamo più? Non è certo così al Petit Royal di Courmayeur. «Ripeto: inutile andare a cercare ingredienti lontani o accostamenti improbabili. Il futuro della pasticceria sta, prima di tutto, in un nuovo approccio al dolce. Vi faccio un esempio: di solito la piccola pasticceria viene lasciata sul tavolo, con grande spreco. Il cliente è già sazio, non ha voglia di mangiare altro nel tempo – breve – di un caffè. E così abbiamo pensato di innovare questo momento, coinvolgendolo con il gioco del tris: la tavola si trasforma in una scacchiera dove gelée di frutta o i cioccolatini sono a forma di cerchio o di x, preparati con appositi stampi creati da noi. Ancora una volta, l’ospite è coinvolto fino alla fine del pasto. Così facendo, ci siamo accorti che nessuno lascia più sul tavolo i dolcetti finali».

Il gioco del tris, per rendere più sfiziosa la piccola pasticceria

Il gioco del tris, per rendere più sfiziosa la piccola pasticceria

Difficile parlare di avanguardia, però, senza tecnologia: «La usiamo, e molto, ma non ne siamo schiavi. Ciò che guida, è il gusto, l’idea e il messaggio. Abbiamo macchinari diversi, ma se, ad esempio, ottengo un estratto speciale, non sarà il focus del mio dessert, ma solo una componente del piatto. La tecnologia ci aiuta a far le cose meglio e in meno tempo. Ad esempio, grazie all’Ocoo realizziamo un sorbetto di mela, estratto in doppia pressione. Si parte dalle mele intere, il macchinario estrae i liquidi dal frutto, concentrandoli all’ennesima potenza. Ci vogliono circa 4 ore. A questo punto mettiamo il liquido ottenuto in un refrattometro, una specie di penna che “legge” la quantità di zucchero. Più riflette la luce, più zucchero contiene l’elemento. In questo caso, mi attesto sui 12 gradi brix. Per finire, il liquido ben calibrato viene inserito nel Pacojet.

La sala del Petit Royal - Foto: Vat

La sala del Petit Royal – Foto: Vat

Tutti questi passaggi, questa tecnologia, ci permettono di non aggiungere nulla, ma di sfruttare le caratteristiche intrinseche del frutto per arrivare all’esaltazione della sua essenza. E’ la tecnologia al servizio dell’uomo, della pasticceria, ma siamo noi a guidarla, con le nostre ore e ore di prove in cucina, con il controllo delle variabili, con lo sguardo sempre attento al sapore e al messaggio da lanciare».

Il legame col territorio resta sempre forte, come altro tassello per costruire un futuro solido. «Davanti all’hotel, ad esempio, c’è un grande cedro dell’Himalaya che produce pigne ogni due anni. Da queste, o da quelle che raccogliamo in Val Ferret, ricaviamo un’estrazione grazie a un distillatore in corrente di vapore. Ogni goccia è una esplosione di sapore e profumi di montagna, sembra di mangiare la pigna intera. Una volta facevamo un infuso di pigne nel latte, ma si estraeva anche la parte amara. Ieri non avevo scelta, ora sì. Uso solo il macchinario che mi permette di ottenere l’effetto che voglio. Questa estrazione è, poi, solo una parte del dolce Boule de neige, una complessa creazione che comprende una bolla di zucchero trasparente, con all’interno un monte bianco preparato con uno stampo in 3d fatto da noi, al gusto di castagne cioccolato e panna su base di biscotto al ginepro con cremoso al cioccolato bianco e crema di yuzu. Abbiamo guardato fuori dalla nostra finestra per creare un dolce che unisce tecnica e divertimento, come è nel nostro stile. Futuro è consapevolezza del territorio».

Dal nuovo menu di Paolo Griffa: Che profumo c'è dentro un Igloo?

Dal nuovo menu di Paolo GriffaChe profumo c’è dentro un Igloo?

Visto che il progresso non si ferma mai, nascono anche nuovi desideri. «Ho in mente di utilizzare le vasche a ultrasuoni, particolari vasche che veicolano onde e vibrazioni e che, grazie all’uso di corrette intensità, riescono a spaccare le fibre degli alimenti rendendo tenero anche ciò che in natura non lo è e rilasciando gli aromi che sono racchiusi nelle fibre. Questi macchinari nascono per pulire i metalli, rendendoli lucidi. Grazie all’utilizzo in cucina o in pasticceria, si potrebbe intenerire la carne o ammorbidire frutta e verdura, senza cuocerle. Quando mi avvicino a un nuovo strumento, lo sperimento a lungo, per capirne il limite minimo e massimo. Mi chiedo: cosa può fare davvero? Fin dove si può arrivare? Poi lavoro nel range corretto, ma senza mai stare nella comfort zone. Ad esempio, quando abbiamo sperimentato l’Ocoo per la preparazione dei brodi, abbiamo testato ogni programma, lavorato con acqua o senza acqua, con le ossa per diluire i sali minerali o senza. Ci sono voluti mesi di prove per sperimentare quantità di variabili infinite. Bisogna nvestire tanto tempo. Oggi, da quel brodo di pollo iniziale, creiamo una glassa di prosciutto per il risotto blu. Evolviamo continuamente».

Banana Splash 2020

Banana Splash 2020

Ma come tenere viva questa creatività? «Bisogna cambiare sempre, questo il consiglio che do anche ai giovani. Non fossilizzarsi sugli stessi piatti. Per questo non ho signature dish. La mia cucina evolve con me. Mi dispiace, a volte, dire no al cliente che cerca un dolce specifico, magari che ha visto su Instagram, ma non voglio fermarmi o anestetizzarmi. A volte, può capitare che un dolce muti senza perdere la sua essenza. Penso al Banana Splash creato nel 2013, il capostipite dei miei dolci. Il cliente vedeva una X nel piatto e noi a sorpresa e da dietro, facevamo cadere la sfera – ripiena di gelato – dall’alto: si “spiaccicava” sul piatto proprio come Willy il Coyote. Il passo successivo è stato la Banana Splash 2020, involucro di burro di cacao a forma di banana – con all’interno bavarese alla banana e caramel mou – servito in un cesto di banane vere, per creare attesa e sorpresa.  Non riproponiamo mai a lungo lo stesso dolce. Ci annoieremmo noi, annoieremmo gli altri: la creatività richiede allenamento, prove continue per alimentare l’avanguardia».